martedì 14 luglio 2009

Sciopero

In Italia, una politica "vecchia" e autoritaria vuole impedire la libertà d'informazione attraverso giornali, siti internet e blog. Con leggi ad personam come il DDL Alfano che sono un attacco alla democrazia.
ilmugugno.blogspot.it aderisce alla giornata di silenzio per la libertà d'informazione on line.


giovedì 14 maggio 2009

Sempre meglio...

Ambasciata del Giappone

Roma

Roma, 7 maggio 2009

Egregio Direttore,


ci riferiamo all'articolo apparso sul Vostro giornale il 30 aprile a p. 16, intitolato "Lambertow premiato dai giapponesi". Nel medesimo si legge "Lambertow fa incetta di consensi tra i musi gialli giapponesi".

E’ ben accetta l'attenzione prestata alla notizia del conferimento dell'onorificenza al Senatore Dini da parte del Giappone. Tuttavia, riteniamo che l'espressione utilizzata per identificarci, ossia "musi gialli", abbia una connotazione dispregiativa e molto negativa. Segnaliamo che l'espressione non sarebbe neppure necessaria nel contesto, quindi il suo utilizzo è totalmente gratuito. Inoltre, tale espressione così grossolana non ci sembra consona né all'altezza di un giornale come il Vostro, a tiratura nazionale e con una sua tradizione nel giornalismo italiano.

Pertanto, richiediamo quanto prima una spiegazione a scopo di rettifica sull'espressione "musi gialli giapponesi" come apparsa sul Vostro giornale.



Attendendo una Sua risposta in merito, Le porgiamo distinti saluti.

Shinsuke Shimizu

Ministro e Vice Capo Missione             

P.S.- Anticipiamo, inoltre, che la presente lettera sarà pubblicata in ogni caso sul sito della nostra Ambasciata al fine di informare i Vostri numerosi lettori.

_______________________

Gent.mo
Dott. Mario GIORDANO

Direttore Responsabile
Il Giornale

Via Gaetano Negri, 4

20123 MILANO



Ambasciata del Giappone in Italia

giovedì 16 aprile 2009

Niente miracoli a San Giuliano

Niente miracoli a San Giuliano
di Gianluca Di Feo

La promessa di Berlusconi: in 24 mesi una città satellite a L'Aquila. Stessa promessa nel 2002 dopo il sisma in Molise. E non la mantenne
New L'Aquila: una città tutta nuova in 24 mesi, al massimo in 28. La promessa di Silvio Berlusconi nel giorno del dramma abruzzese ha il fascino degli effetti speciali. Il presidente del Consiglio la chiama «new town», termine britannico per indicare gli insediamenti satellite, ma che in italiano ha un grande modello concreto: Milano 2, la prima creatura del Cavaliere, l'inizio della sua epopea. Le frasi pronunciate dal premier a L'Aquila hanno però qualcosa di déjà vu: «Entro due anni gli abitanti riavranno le case». Ricordate? Era lo choc di San Giuliano, il paesino del Molise dove il 31 ottobre 2002 il terremoto si era accanito contro la scuola uccidendo 27 bambini e la loro insegnante. Tre giorni dopo la strage, il premier convocò una conferenza stampa (video): «Mi sono intrattenuto con degli amici architetti per mettere a punto un'ipotesi di progetto per la costruzione di una nuova San Giuliano».

Anche allora il disegno era quello della new town, la città satellite: «Un quartiere pieno di verde con la separazione completa delle automobili dai percorsi per i pedoni e per le biciclette. Un progetto che potrebbe portare in 24 mesi a consegnare agli abitanti di San Giuliano dei nuovi appartamenti funzionali, innovativi, costruiti secondo le nuove tecniche della domotica».

Non sembrava un'impresa difficile: nel paese colpito gli abitanti erano soltanto 1.163 e gli edifici poche centinaia. «Vorrei in questa occasione dare risposte con dei tempi assolutamente contenuti e certi», ribadì il premier. E tutto il governo mostrava ottimismo, come sottolineò il ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu davanti al Parlamento: «Il presidente del Consiglio ha assicurato che entro 24 mesi il comune verrà riconsegnato alla completa e normale fruibilità degli abitanti».

Ma sette anni dopo, la ricostruzione di San Giuliano è ancora lontana dalla fine. E di domotica, ossia di edifici 'intelligenti' ad altissima tecnologia, non se n'è vista proprio. Persino per completare la nuova scuola - questo sì un istituto d'avanguardia, definito 'il più antisismico d'Italia' - di anni ce ne sono voluti quasi sei. Berlusconi ha fatto in tempo a finire il governo, lasciare la poltrona a Romano Prodi e tornare a Palazzo Chigi: è stato lui a presenziarne l'inaugurazione nello scorso settembre. Come è lontano quell'autunno del 2002 quando il premier volò a San Giuliano con il suo architetto di fiducia, quel Giancarlo Ragazzi che è stato uno dei progettisti di Milano 2 nel lontano 1970 e che dieci anni dopo aveva replicato l'opera con Milano 3 di Basiglio, altra new town del Biscione alla periferia del capoluogo lombardo. A dimostrazione del ruolo di progettista di corte, due anni fa Adriano Galliani spiegò a 'L'espresso' di avere nel cassetto un piano di Ragazzi per rifare anche lo stadio di San Siro. L'incarico al 'triplicatore di Milano' fu poi formalizzato dal sindaco molisano nel maggio 2003 assieme all'arrivo delle prime sovvenzioni statali: sei mesi erano già stati bruciati per definire la forma giuridica degli interventi.


A quella data, molte cose erano risorte grazie alla sottoscrizione popolare Un aiuto subito lanciata dal 'Corriere della sera' e Tg5: un complesso scolastico prefabbricato e 150 chalet del 'villaggio provvisorio'. Tutto realizzato in legno e considerato molto funzionale dagli abitanti. Le prime vere case sono state consegnate cinque anni dopo la scossa, quando 500 persone vivevano ancora nel villaggio provvisorio mentre un altro centinaio si era trasferito nei comuni vicini, meno danneggiati. Adesso si marcia verso il settimo anniversario e molte delle palazzine sono ancora un cantiere, con gli enti locali sul piede di guerra per ottenere altri contributi destinati alla 'ricostruzione pesante' del centro storico. Di soldi in realtà ne sono stati spesi tanti. Il Comune ha preventivato un costo di circa 250 milioni di euro. Nei primi cinque anni poco meno di 100 milioni sono andati per rifare le opere pubbliche e le infrastrutture, altri 70 per le case private. Il resto è oggetto del contendere tra sindaci, regioni e governo Berlusconi che nell'ultima Finanziaria ha decurtato le disponibilità. Ma sono in molti a parlare di sprechi nell'uso delle risorse. La Corte dei conti, per esempio, due anni fa ha aperto una istruttoria sulla Regione Molise che aveva ottenuto stanziamenti pari a 700 milioni.

Finora ne sono stati erogati ben 550, spesso investiti in modo discutibile: reti wifi anche per chi vive nei prefabbricati, finanziamenti per il turismo, la sponsorizzazione di un reality show estivo di Mediaset e delle selezioni di Miss Italia. È importante ricordare le dimensioni della tragedia. A San Giuliano nel 2002 ci furono 30 morti, in tutta l'area colpita tra Puglia e Molise i feriti furono 200, gli sfollati 3 mila in provincia di Campobasso e un migliaio in quella di Foggia. Un bilancio drammatico, ma assolutamente non paragonabile con la devastazione dell'Abruzzo dove i morti sono più di 200 e gli sfollati decine e decine di migliaia. Quanti fondi saranno necessari adesso? Il ministro Altero Matteoli ha detto: «A una prima stima, soltanto per l'edilizia e per le abitazioni private i soldi da stanziare si aggirano intorno a un miliardo e 300 milioni di euro, escludendo quello che servirà all'industria». Ma se San Giuliano con i suoi mille abitanti ha preventivato un costo di 250 milioni, come si può pensare di ricostruire tutto il centro storico dell'Aquila con la somma ipotizzata dal ministro? E ancora, la questione dei tempi. Ha dichiarato sempre Matteoli: «Le case che si dovranno abbattere si possono ricostruire in 24 mesi snellendo tutte le procedure. Con i provvedimenti che siamo intenzionati a prendere si potrà fare in due anni». Sicuri? La lezione di San Giuliano è stata inutile? Prima di promettere, forse sarebbe meglio aspettare e capire. Per non illudere chi ha già sofferto tanto.

da L'Espresso.it, qui il link all'originale.

giovedì 9 aprile 2009

COME RENDERSI UTILI PER L'ABRUZZO

In questa primissima fase di emergenza, gli Enti di Servizio Civile Nazionale non devono intraprendere attività di solidarietà che comportano lo spostamento di volontari nell’area colpita per non intralciare le operazioni di soccorso da parte della Protezione Civile, dei Vigili del Fuoco, delle Forze di Polizia e delle altre Istituzioni impegnate sul campo.
Il Dipartimento della Protezione civile ha chiesto infatti la sola collaborazione dei volontari in servizio civile presso queste organizzazioni di volontariato:
- Associazione Nazionale Pubbliche Assistenze (ANPAS);
- Confederazione Nazionale delle Misericordie;
- ARCI Servizio Civile, nelle sue componenti PROCIV ARCI e Legambiente;
- Croce Rossa Italiana.
Il Dipartimento consiglia a chiunque altro volesse prestare soccorso nell’area colpita di proporsi tramite un'associazione di volontariato e non come contributo singolo, per facilitare gli aiuti alla popolazione terremotata.



- CONTI CORRENTI E DONAZIONI:

La Caritas diocesana di Roma ha istituito un fondo di solidarietà promuovendo una colletta per aiutare la popolazione abruzzese. È possibile contribuire alla colletta di solidarietà con: Versamenti c/c postale - numero di conto corrente postale 82881004 (IBAN: IT77K0760103200000082881004) intestato a Caritas diocesana di Roma, specificando nella causale «Terremoto Abruzzo»; Bonifico bancario - IBAN: IT13R0306905032000009188568, specificando nella causale “Terremoto Abruzzo”.

Anche la Caritas Ambrosiana, che fa capo alla Diocesi di Milano, ha avviato una raccolta fondi aprendo un conto corrente. conto corrente postale n. 13576228 intestato a caritas ambrosiana onlus - conto corrente bancario n. 578 - cin p, abi 03512, cab 01602 presso l’agenzia 1 di milano del credito artigiano e intestato a caritas ambrosiana onlus iban: it16p0351201602000000000578. Oppure donazione telefonica tramite carte di credito chiamando il numero 02.76.037.324 in orari di ufficio.

La Croce Rossa Italiana ha lanciato un appello di emergenza a livello nazionale, chiedendo a tutta la popolazione di “partecipare ad un grande sforzo di solidarietà per alleviare la sofferenza di tutte le vittime del terremoto” . Per effettuare donazioni alla Croce Rossa Italiana si possono utilizzare: il Conto corrente bancario C/C n. 218020 presso Banca Nazionale del Lavoro-Filiale di Roma Bissolati - Tesoreria - via San Nicola da Tolentino 67 - Roma, intestato a Croce Rossa Italiana via Toscana 12 - 00187 Roma, codice Iban IT66 - C010 0503 3820 0000 0218020, causale pro terremoto Abruzzo; il Conto corrente postale n. 300004 intestato a Croce Rossa Italiana via Toscana 12 - 00187 Roma, codice Iban IT24 - X076 0103 2000 0000 0300 004, causale pro terremoto Abruzzo. E’ anche possibile effettuare dei versamenti online, attraverso il sito web della Cri.

Protezione civile
Dona 1 euro con 1 SMS al 48580
TIM Vodafone Wind 3 Italia
...e riceverai un SMS dalla protezione civile:
"Grazie con questo messaggio stai aiutando la popolazione dell'Abruzzo colpita dal terremoto"

Croce Rossa Italiana
http://www.cri.it/
Iban: IT66 - C010 0503 3820 0000 0218020
Causale: pro terremoto Abruzzo
Iban: IT24 - X076 0103 2000 0000 0300 004
Causale: pro terremoto Abruzzo

Federazione Italiana Rugby
http://www.federugby.it/
Iban: IT41V0100503309000000008730
Causale: Fir pro Abruzzo

SKY
http://tg24.sky.it/tg24/
Iban: IT 22 O 03226 01606 000500074972
Causale: Sky per l'Abruzzo

- Per offrire alloggio agli studenti
06.43411763 o scrivere a organizzazione@udu.it

- Elenco beni da inviare alla CRI:
clicca qui

mercoledì 1 aprile 2009

LA POLEMICA

Effetto serra? Non esiste
Pdl all'attacco di Kyoto e Ue

Mozione a firma Dell'Utri: "Cambiamenti climatici modesti, e comunque non dannosi" di ANTONIO CIANCIULLO


I cambiamenti climatici non esistono. E se esistessero farebbero un gran bene. Parola di Pdl. Non è una barzelletta. E' una mozione che porta, tra le varie firme di esponenti della maggioranza, anche quelle di Dell'Utri, Nania e Poli Bortone. In polemica con la Commissione europea che dà "per scontata l'attribuzione della responsabilità del riscaldamento globale in atto da circa un secolo nell'atmosfera terrestre all'emissione dei gas serra antropogenici", i parlamentari del centrodestra professano senza esitazione la loro fede scettica. Sostengono che "una parte consistente e sempre più crescente di scienziati studiosi del clima non crede che la causa principale del peraltro modesto riscaldamento dell'atmosfera terrestre al suolo finora osservato (compreso fra 0,7 e 0,8 gradi centigradi) sia da attribuire prioritariamente ed esclusivamente all'anidride carbonica di emissione antropica".

E se invece il mutamento climatico fosse veramente in atto? Niente paura - si legge nella mozione che verrà discussa giovedì in Senato - sarebbe una gran bella cosa: "Se pure vi fosse a seguito dell'aumento della concentrazione dell'anidride carbonica nell'atmosfera un aumento della temperatura terrestre al suolo, i conseguenti danni all'ambiente, all'economia e all'incolumità degli abitanti del pianeta sarebbero molto inferiori a quelli previsti nel citato Rapporto Stern e addirittura al contrario maggiori potrebbero essere i benefici".

Non è puro amore del paradosso. Nel mirino ci sono, ancora una volta, gli accordi di Kyoto e l'impegno dell'Unione europea ad arrivare agli obiettivi del 20 - 20 -20, cioè a far correre la macchina dell'industria europea per renderla in tempi rapidi più competitiva sul mercato internazionale aumentando l'efficienza e diminuendo la dipendenza dai combustibili fossili: "Gli obiettivi intermedi e le relative sanzioni introdotte dal cosiddetto Protocollo di Kyoto e dal cosiddetto Accordo 20-20-20 si muovono in antitesi alla dinamica degli investimenti in ricerca".

Al testo presentato dalla maggioranza verrà contrapposta una mozione dell'opposizione. "Quelle della maggioranza sono affermazioni che fanno a pugni con il consenso scientifico e politico maturato in tutta Europa sui mutamenti climatici e danno la misura della marginalità del governo italiano rispetto al modo in cui i principali paesi industrializzati stanno organizzandosi per rispondere alle due crisi che si intrecciano: la crisi economica e la crisi climatica", commenta Roberto Della Seta, capogruppo pd in commissione Ambiente.

(La Repubblica 31 marzo 2009)

Non so che dire...sono senza parole!
Propongo una sfida Dell'Utri vs Darwin...

martedì 31 marzo 2009

Facili previsioni italiane...

Questo è il testo dell'intervento di Carlo Vulpio, giornalista e candidato indipendente nelle liste dell'Italia dei Valori alle elezioni Europee del 6 e 7 giugno, sul tema dell'informazione.

"Il Governo manovra per piazzare uomini di fiducia a capo dei giornali di maggior prestigio
Il cataclisma finanziario, la crisi pubblicitaria, l’adattamento all’universo digitale e i licenziamenti dei giornalisti sono temi comuni a tutti i giornali del mondo.
Molti esperti, e non pochi lettori, temono che tale situazione incida sulla qualità della stampa. In Italia, forse il paese europeo insieme alla Russia in cui il controllo politico dei media è meno discutibile, l’inquietudine è doppia.
Al duopolio televisivo, o più semplicemente monopolio assoluto, formato da Mediaset e RAI, potrebbe aggiungersi molto presto una sorta di rivoluzione della stampa.
Dietro a questo movimento tellurico in elaborazione risuona il solito nome: Silvio Berlusconi, magnate dei media e primo ministro, il cui nuovo obiettivo sono le due testate giornalistiche milanesi di maggior prestigio, Corriere della Sera, il più importante quotidiano italiano, e Il Sole 24 Ore, il principale giornale economico nazionale.
“Questa volta Berlusconi non farà prigionieri, vuole controllare tutto e lo farà”, dice Giancarlo Santalmassi, giornalista RAI dal 1962 al 1999 e direttore di Radio24 fino a quando, l’autunno scorso, fu allontanato dopo essere stato dichiarato nemico ufficiale del Governo del Cavaliere nel 2006.
Enzo Marzo, storico giornalista del Corriere, è pienamente d’accordo con Santalmassi; giovedì scorso, nel corso di un dibattito sulla libertà di stampa che si è svolto presso la sede della Commissione Europea a Roma, ha affermato che la battaglia per la direzione del giornale è già iniziata.
Il nucleo dirigente del gruppo RCS (editore di Unedisa in Spagna) e proprietario del Corriere, spiega Marzo, ha ritirato la fiducia al direttore del quotidiano, Paolo Mieli, e sta valutando due sostituti: il primo, Carlo Rossella, sponsorizzato da Berlusconi e il secondo, Roberto Napoletano, direttore de Il Messaggero che, come ricorda Marzo, “divenne famoso durante l’ultima notte elettorale perchè fu pizzicato da una telecamera mentre concordava al telefono con il portavoce di Casini (leader dei democratici dell’UDC e genero dell’editore del quotidiano) il titolo principale che avrebbe piazzato il giorno dopo”.
Rossella è il presidente di Medusa, società di distribuzione cinematografica di Berlusconi, ed ha ricevuto la benedizione de Il Giornale, quotidiano della famiglia del magnate che ha ricordato che il Cavaliere “lo tiene particolarmente a cuore e gli ha già dato l’incarico di dirigere le sue due più grandi testate, Panorama e TG5 .”
All’interno del RCS, Rossella conta su altri importanti sostenitori: Diego della Valle, proprietario di Tod’s e della Fiorentina, e Luca Cordero di Montezemolo, patron della Fiat e del gruppo Ferrari e amministratore delegato de La Stampa.
Ma la parola di Berlusconi sarà quella decisiva, spiega senza ombra di pudore il quotidiano di suo fratello, perché mentre la crisi strangola i giornali, “l’intero sistema bancario dipende dal primo ministro”.
Napoletano ha le sue carte: non dispiace a Berlusconi ed è tra i pochi che comunicano telefonicamente con Giulio Tremonti, ministro dell’Economia ed editorialista de Il Messaggero.
Secondo Il Giornale il ministro “sa che il peggio della crisi economica sta per arrivare” e la sua idea è quella di piazzare Napoletano a Il Sole (proprietà, come Radio24, del patronato di Confindustria) e di passare al suo attuale direttore, Ferruccio de Bortoli, il timone del Corriere.
Se non parlassimo dell’Italia tutto questo affanno sarebbe inverosimile, degno al massimo di un articolo scandalistico. Ma tutte le fonti sono concordi nel segnalare che si tratta di “manovre serie e reali” il cui effetto causerà “un terremoto”.
Il malcontento del Governo nei confronti di un altro giornale, La Stampa di Torino, proprietà della Fiat è palese. Secondo l’entourage berlusconiano, il suo direttore Giulio Anselmi sarà tentato con un’altra importante poltrona: quella di presidente dell’agenzia ufficiale Ansa. Se dovesse accettare, prenderebbe il suo posto un direttore meno ostile al Governo.
Mentre questo disegno politico prende corpo, i media italiani cercano, per quanto possibile, di tener testa a questa tempesta. Il presidente del RCS Piergaetano Marchetti, che ha visto nel 2008 scendere i profitti del gruppo a 38 milioni di euro rispetto ai 220 milioni del 2007, ha confermato che stanno soffrendo “tagli pubblicitari feroci ed immediati”.
E il suo amministratore delegato ha annunciato che l’andamento del gruppo dei primi mesi dell’anno obbligherà a “una riduzione del personale”. “Bisogna agire sui costi e sui modelli economici in Italia e all’estero”.
Marco Benedetto, vicepresidente del Gruppo Espresso, prevede anch’egli “tagli e cambiamenti”. Ironicamente Benedetto non è pessimista sul futuro del settore: “Tra una decina d’anni sarà splendido”.

Questo articolo non è uscito su un giornale italiano. Lo ha scritto un giornalista spagnolo, Miguel Mora, ed è uscito su un noto quotidiano spagnolo, El Pais. Lo avrei voluto scrivere anche io, ma non me lo pubblicavano."

(Articolo tradotto da Italiadallestero.info)

Pubblicato sabato 21 marzo 2009 in Spagna

Oggi, 31-03-2009 "La Repubblica" pubblica questo (qui)


Strani casi di facili previsioni...all'italiana! Strano paese: comici che anticipano di due anni il più grosso crack finanziario europeo, giornalisti silurati che prevedono importanti manovre editoriali...perdipiù nessuno si fila questo straordinario talento!!!

Peccato che l'unica cosa che strana non mi risulta sia questa...del resto la nostra stampa non ha bisogno di talenti, si nutre già abbondantemente attraverso i contributi pubblici!

giovedì 19 febbraio 2009

La Grande Purga

O il PDmenoelle si purga da solo, o va purgato dagli italiani. Ci vuole una Grande Purga per liberarsi dai rifiuti tossici della sinistra. Bisogna ispirarsi a Stalin e ai processi degli anni ’30. Senza spargimenti di sangue, sono sufficienti i voti delle prossime elezioni amministrative ed europee di giugno. Lo psiconano non vince per meriti propri, ma per la manifesta incapacità di Veltroni e Fassino e per il collaborazionismo di D’Alema, Bersani, Violante, La Torre, eccetera, eccetera. Essere candidati dal PDmenoelle equivale a un suicidio politico, a un bacio della morte.
Il PDmenoelle è il miglior amico del nemico. Gli ha regalato per decenni le frequenze radiotelevisive. Un bene dello Stato che consente allo psiconano di arricchirsi con la pubblicità e di operare un lavaggio del cervello quotidiano ai cittadini. Giorno e notte. Instancabile. In cambio di cosa Violante? Qual è stato il baratto?
Il PDmenoelle non ha eliminato nessuna legge porcata. Non ha riformato la legge elettorale, quella che consente a Fassino di far eleggere la sua consorte, la signora Serafini, per SETTE volte in Parlamento e a Topo Gigio di nominare deputato Enzo Carra, un condannato in via definitiva. Non si è mai occupato del conflitto di interessi. Berlusconi è figlio di Craxi, ma, dopo la morte del padre, è stato adottato dalla coppia D’Alema-Violante.
Ci vuole una grande purga per ripartire. Il Paese ha bisogno di alternative per cambiare, non di questi cialtroni. Veltrusconi non è un’alternativa, è un comitato di affari. A Piazza Farnese hanno parlato i familiari delle vittime di Mafia. Non un politico, dico uno, del PDmenoelle si è degnato di partecipare. Lo scorso luglio Piazza Navona era piena di elettori della sinistra sbertucciati dallo Scemo del Villaggio Globale, detto Topo Gigio, detto Walterloo, detto Veltroni. I referendum per cambiare le regole dell’informazione, la legge popolare per un Parlamento Pulito sono state ignorate, demonizzate. Populisti, demagoghi, qualunquisti. Chi ha partecipato ai V-day è stato trattato come un appestato. La legge popolare Parlamento Pulito è ferma alla Commissione del Senato anche grazie ai membri del PDmenoelle. Mai sentita la loro voce in proposito. Ma alla bisogna, per evitare il processo a un parlamentare, Veltrusconi è sempre un sol uomo. Kamenev D’Alema si faccia processare, Zinoviev Violante entri nello studio di Ghedini, Bukharin Bersani si iscriva alla Confindustria della Marcegaglia a degli inceneritori e delle centrali nucleari.
Un partito farsa non ha bisogno di processi farsa. Questi non si faranno processare da nessuno anche se arriveranno al 3%. Se Craxi ha distrutto il PSI, questo gruppo di politicanti a tempo pieno ha distrutto l’intera sinistra. Addavenì Baffone!

Ps. Oggi l'avvocato Mills è stato condannato a 4 anni e 6 mesi. Tutte le informazioni sul caso Mills e sul coinvolgimento di Silvio Berlusconi sono disponibili nel post Mills giudicato, Berlusconi condannato.

(dal sito di Beppe Grillo)

Fine corsa

19 Febbraio 2009, Peter Gomez
Fine corsa


Nessuno è in grado di dire se il Partito Democratico esisterà ancora una volta superata la boa delle prossime elezioni europee. Dopo aver letto le parole usate mercoledì da Walter Veltroni nel suo discorso di commiato, un fatto è comunque chiaro. L'ex segretario non ha capito perché milioni di cittadini hanno smesso di votare per il suo partito. Non ha capito o, forse, come fanno altri dirigenti del Pd, ha fatto finta di non capire.

Il tarlo che sta erodendo quella formazione politica ha infatti un nome preciso: credibilità. Il Pd perde perché non è credibile. E non è un problema di idee o di progetti. È invece una questione di uomini e di comportamenti.

Il continuo susseguirsi di scandali, le mancate dimissioni di chi ha fallito come amministratore pubblico (vedi Campania), la decisione di non sottrarsi alla logica delle nomine partitocratiche nella Rai, nelle authority e in ogni altro ente, hanno finito per togliere agli elettori di centro-sinistra anche le ultime illusioni. A poco a poco il mito della differenza, della diversità dal centro-destra, è venuto a cadere.
Per questo è il caso di ricordare che, paradossalmente, il Pd era entrato in crisi già due anni prima di nascere. Aveva cominciato a morire alla vigilia delle elezioni del 2006 quando fu pubblicata (da "Il Giornale") una celebre telefonata tra Piero Fassino e il big boss di Unipol, Giovanni Consorte, in cui l'allora segretario dei Ds diceva «Siamo padroni di una banca». È stato da quel momento in poi che Silvio Berlusconi ha potuto cominciare a ripetere «anche loro sono uguali» venendo sempre più creduto. Giorno dopo giorno, infatti, ci pensavano le pagine di cronaca (spesso nera) dei giornali a dargli ragione.

A un situazione del genere il centro-sinistra prima, e il Pd poi, avrebbe potuto (e dovuto) reagire con dei gesti forti e simbolici. Invece non è accaduto nulla. Il gruppo dirigente è rimasto immobile. Veltroni ha taciuto. O ha parlato troppo poco. E dal Pd se ne sono così andati i migliori. Gli elettori.

mercoledì 18 febbraio 2009

quando si arriva in fondo...

Questo link me lo ha mandato un amico, è un po' lungo, ma come dice lui, lo ripeto anche io, ne vale la pena....
...ecco quello che in giro si dice di noi...

Come ho detto ieri, la prossima volta che ci sarà da mettere una croce su un foglio...pensiamoci...

buona lettura:

http://italiadallestero.info/archives/3319

Gabriele

martedì 17 febbraio 2009

HOPE

Veltroni se ne va...si spengono le luci, giù il sipario...

....adesso, fatemi la cortesia, amici capi del PD...fatemi la cortesia di scegliere una volta per tutte di stare con il vostro elettorato, di dire e fare qualcosa di sinistra, di scegliere una rottura con la linea di "liber-perbenirsmo" di scegliere una persona giovane e pragmatica e soprattutto carismatica...

...questa è l'ultima chiamata...


Gabriele

Doppie negazioni..

Una semplice e banale considerazione:

Se una falsa testimonianza rende un uomo innocente, allora significa che il presunto innocente è in realtà colpevole...
Se si riconosce colpevole di falsa testimonanza un individuo, allora si dovrebbe istantaneamente riconsiderare il processo che scagionò il presunto innocente, e, quindi, si dovrebbero prendere adeguati provvedimenti... (che infatti Angelino Jolie Alfano ha preso...)

Non aggiungo altro...solo, fatevi qualche domanda la prossima volta prima di mettere una x su un foglio...

riporto un trafiletto di repubblica.it

Gabriele

Corruzione, condannato Mills
al legale inglese 4 anni e 6 mesi


MILANO - L'avvocato inglese David Mills è stato condannato a quattro anni e sei mesi per corruzione in atti giudiziari dal Tribunale di Milano. Il legale nel luglio del 2004 aveva raccontato ai pm Fabio De Pasquale e Alfredo Robledo di aver ricevuto 600mila dollari dal gruppo Fininvest per dire il falso nei processi in cui era coinvolto Silvio Berlusconi. Il premier era in un primo momento imputato insieme all'avvocato, ma la sua posizione è stata stralciata in seguito all'approvazione del "Lodo Alfano" sull'impunità delle massime cariche dello Stato da parte del Parlamento. Mills è stato condannato a risarcire anche 250 mila euro alla parte civile Presidenza del Consiglio (paradossalmente al suo coimputato). I giudici hanno inoltre disposto la trasmissione degli atti alla Procura perché valuti la testimonianza di Benjamin Marrache, uno dei testimoni nel processo.

La legge della Cosca




giovedì 12 febbraio 2009

domenica 8 febbraio 2009

Dell'Utri e i guai del ping pong atleti senza paga, parte la causa


La squadra finanziata dal senatore forzista è campione d'ItaliaLe difficoltà economiche hanno spinto "il Circolo Roma" dal giudice



Dell'Utri e i guai del ping pong atleti senza paga, parte la causa


di FRANCESCO BEI

"DOBBIAMO coinvolgere i giovani nel ping pong: è un gioco entusiasmante che insegna ai ragazzi a non mollare mai". Marcello Dell'Utri lo ha spiegato lanciando un paio d'anni fa i suoi Circoli del buon governo alla conquista del piccolo mondo del ping pong. Il tennis da tavolo come metafora della vita e della lotta politica: "Anche se sei sotto, basta un punto, la pallina che gira e cambia tutto". I circoli hanno colonizzato il ping pong italiano, che sonnecchiava nel dilettantismo amatoriale. Ma ora i campioni d'Italia, "il Circolo Roma", sono sprofondati in una crisi nerissima e i giocatori, senza paga da mesi, hanno deciso di fare causa.

Un passo indietro. Tanto ha fatto "il Senatore" (citando Nixon, Mao e la "diplomazia del ping pong") che non solo le sue squadre hanno scalato via via i vertici di tutte le categorie, ma una di queste "il Circolo Roma", lo scorso anno - grazie all'ingaggio di star internazionali e al generoso sostegno degli sponsor - ha vinto il campionato d'Italia nella serie A 1 maschile. Evviva.

Il fatto è che i circoli ormai hanno assolto al loro compito e si scioglieranno nel Pdl, le elezioni Berlusconi le ha vinte e, insomma... questi circoli non si sa bene attorno a cosa ancora debbano circolare. Così anche sull'impero pongistico di Dell'Utri, che dei Circoli è stato il prolungamento ludico-politico - come le polisportive "Libertas" per la Dc - sta tristemente tramontando il sole.

E proprio la squadra regina, il fiore all'occhiello, è diventata il simbolo di questo declino. I giocatori non vengono pagati da mesi, l'allenatore cinese Jang Zi Long (è stato campione del mondo Juniores) nemmeno. La società sembra scomparsa, i dirigenti - a partire da Roberto Mezzaroma, l'imprenditore capitolino che Dell'Utri ha voluto alla guida della società - non rispondono nemmeno più al telefono.

"È uno sport che insegna a non mollare mai", ripeteva Dell'Utri in ogni intervista. E invece i suoi giocatori, stanchi di aspettare, stavolta hanno mollato. All'ultima partita, giocata a Roma contro (ironia della sorte) "il Circolo Milano", la squadra capitolina non si è presentata. Meglio, dei tre giocatori se ne è presentato soltanto uno, sembra su consiglio degli avvocati, pagandosi il treno per la trasferta. Così il risultato è stato attribuito a tavolino alla squadra avversaria. Come se l'Inter, a metà campionato, smettesse di pagare Materazzi, Ibra e compagni e i calciatori disertassero il derby con il Milan.

La notizia ha scosso il forum "tennis-tavolo. com", ritrovo degli appassionati di tutta Italia. "Assurdo - si sfoga "Tavololento" - che la squadra campione d'Italia scompaia durante la stagione e i giocatori professionisti vengano abbandonati senza un euro di rimborso". C'è chi la butta sulla moralità: "Non si scherza con la vita delle persone". E chi la butta in politica: "Cosa ci si poteva aspettare - chiosa "Il Puntinaro" - da gente che paragona uno come Mangano a un eroe?".

Tutti, ma proprio tutti, sono incavolati neri. E i giocatori più di chiunque altro. Tanto che adesso hanno deciso di reagire: "È da novembre che non vediamo un euro - si lamenta Zi Long - , adesso basta: senza soldi non giochiamo più. Io e i giocatori abbiamo deciso di fare causa. Dell'Utri? L'ho incontrato una volta sola, mi disse: vi vengo a trovare in palestra, poi non si è più visto". Le ultime sono che Mezzaroma avrebbe pagato almeno la multa per l'ultima partita, evitando così alla squadra l'ignominia dell'eliminazione. Ma per il futuro nessuna certezza. Come ironizzano sul forum: "Mezzaroma... mezzo campionato".

(8 febbraio 2009 - La Repubblica)




Scusate...era troppo bello per non essere pubblicato!
Quando leggo queste cose, e ormai capita di frequente, ho sempre meno voglia di sorridere. Forse è proprio questo il punto: in troppi e da troppo tempo, lasciamo scivolare queste notizie spendendo su di esse poco più che un sorriso beffardo, teso a sottolineare l'inutilità del fatto.
Io invece comincio a considerarla sempre più una minaccia, piuttosto che inutilità o peggio ancora gossip. Tutte queste piccole cose stupide rappresentano esattamente la stupidità dei corrispettivi governi che si succedono, l'inutilità e la mediocrità dei personaggi che occupano indemocraticamente i posti del Nostro parlamento. Vorrei sollecitare una campagna di sensibilizzazione del cittadino affinchè esca finalmente dal torpore in cui per troppo tenpo ha vissuto, e lo esorto a diventare un cittadino intransigente, insofferente, intollerante verso queste becere vicende quotidiane, perchè la mediocrità del piccolo e sottovalutato quotidiano, distolglie solo gli sguardi da un nefasto scenario polico in cui il modus operandi è esattamente equiparabile.
La nostra sonnolenza è il loro incentivo e il nostro silenzio la loro approvazione!

lunedì 2 febbraio 2009

Intercettazioni impossibili e crimine libero

Come tutte le settimane ecco il video di "Passaparola", rubrica on-line curata da Marco Travaglio.
Anche questa settimana il tema caldo è la riforma della giustizia, argomento che sta sempre più a cuore alla nostra classe politica. Come ogni puntata gli argomenti trattati sono molto interessanti e come sempre si ha la netta sensazione di scivolare nel grottesco!
Auguro a tutti una buona visione.



domenica 1 febbraio 2009

Tratto da "La Repubblica"...

IL COMMENTO

La commedia delle sciocchezze

di Giuseppe D'Avanzo


Nel romanzo "Una sporca storia" di Eric Ambler, un personaggio, Arthur Abdel Simpson, ricorda i consigli che da bambino aveva ricevuto dal padre. Uno dei primi insegnamenti fu: "Mai dire una bugia quando puoi cavartela a forza di stronzate". Oggi sottovalutiamo troppo la sorprendente forza delle "stronzate" diventate per la pubblicità e soprattutto per la politica, che si nutre di slogan pubblicitari, un paradigma di governo, una strategia di consenso.

Un autorevole filosofo di Princeton, Harry Gordon Frankfurt, ci ha scritto su un delizioso libriccino (Bullshit, Rizzoli) per concludere che "l'essenza delle stronzate (bullshit) non sta nell'essere false, ma nell'essere finte". La distinzione torna utile per dare un senso a molte sortite del governo e certamente al fiume di parole del ministro di Giustizia, Angelino Alfano, dinanzi al quadro di un'amministrazione giudiziaria indegna anche per molti giovani stati africani. "Chi racconta stronzate contraffà le cose" dice Frankfurt. Ha ragione. Ciò che non va in una contraffazione non è l'aspetto, ma il modo in cui è stata prodotta.

Il disastro della giustizia italiana è sotto gli occhi di tutti, immutabile da decenni, difficile alterarne il catastrofico bilancio. I processi sono lentissimi, le procedure inutilmente cavillose, i codici contraddittori e fluidi. Il modello organizzativo, governato da norme astratte e quindi non governato, produce soltanto inefficienza. Le risorse sono sempre più scarse (meno 40 per cento per sicurezza e giustizia, quest'anno) e lasciano i magistrati senza fax, computer, rimborsi spese e scoperti gli organici del personale amministrativo di oltre il 15 per cento e le toghe in deficit dell'80 in alcuni tribunali del Mezzogiorno (come a Gela). L'incoerenza di una distribuzione degli uffici giudiziari disseminati in 29 corti di appello, 164 tribunali e procure, in 29 tribunali per minorenni e tribunali di sorveglianza assegna ad alcune sedi carichi di lavoro di tutto riposo, ad altre pesi quantitativi intollerabili. L'alluvione di riformicchie, cerottini e tamponi, leggi ad personam e precetti nonsense, mutano le mappe normative a ogni stagione, annullando la stessa funzione pratica del processo dove risulta impotente l'esercizio sia dei diritti di difesa che dei doveri dell'accusa. I gerghi sgrammaticati delle leggi fanno il resto: allevano la confusione e l'imbroglio, rendono impuniti i forti e i furbi, calpestano deboli e poveri cristi.

Questo è lo stato delle cose e neanche un mago della pubblicità riuscirebbe a truccarlo anche a spararle grosse. Stupefacenti "bullshit" possono soltanto confondere le ragioni della malattia e rendere vere le finte soluzioni a questo disastro. E' già avvenuto in passato (2001/2006) con il governo delle destre.

L'abolizione del falso in bilancio doveva liberare le aziende da inutili legacci; la riforma del diritto societario avrebbe reso più trasparente l'economia; nuovi termini di prescrizione avrebbero dato rapidità al processo; la riscrittura dell'ordinamento giudiziario avrebbe fatto funzionare meglio la "macchina". Con la voce di un ministro (che in otto mesi non ha ancora preparato il testo di una riforma sistemica o messo mano a un ripensamento dell'assetto organizzativo o assicurato almeno il toner alle stampanti), la nuova ondata di "bullshit" ci dice oggi che quel disastro troverà soluzione con la disciplina delle intercettazioni sottratte "finalmente" dalla scatola degli attrezzi dei pubblici ministeri; con la riforma della Costituzione (Dio solo sa che cosa c'entra); una maggiore presenza della politica nel consiglio superiore della magistratura (di questa politica); con un "fare squadra" di tutti gli attori in commedia per recitare un misterioso copione che nessuno ancora conosce perché non è stato ancora scritto.

"Bullshit", e tuttavia sarebbe un errore trascurare il metodo e il risultato che raccoglie. Inadatto a risolvere anche soltanto una delle criticità della giustizia, questo rosario di "sciocchezze", ripetuto ossessivamente, riesce a cancellare dal discorso pubblico ogni punto di riferimento, ogni certezza, qualsiasi concretezza, anche la più pallida coerenza tra malattia, diagnosi e terapia. Il governo, in fondo, non vuole convincere nessuno della validità della sua ricetta. Non ne ha bisogno. Ha i numeri per tirare diritto per la sua strada. Vuole solo distrarre l'opinione pubblica, sollevare polvere, creare una contrapposizione radicale di opinioni.

A ogni affermazione ne oppone una contraria (basta guardare un tiggì); a ogni ragionevole argomento un insulto; a ogni verità un falso palese. Nel rumore sempre più assordante che sovrasta la discussione sui guai della giustizia italiana, quanti riescono a farsi un'idea che abbia a che fare con la realtà di questa crisi? Quanti, in questo mare di strombazzanti chiacchiere, hanno ancora voglia di capire? E' l'esito dichiarato dell'uso intensivo di "bullshit": alla fine si fa largo "l'indifferenza per come stanno davvero le cose", scrive Frankfurt. E' proprio questo punto di indifferenza, disattenzione, nausea che può dare mano libera al governo.

Capiremo soltanto tra qualche anno, e dolorosamente, quante rovine si lascerà dietro questo vandalismo istituzionale. La distruzione del "servizio giustizia" per il cittadino, una magistratura indebolita, un'organizzazione impoverita, codici a maglie larghe, l'allentamento della rete di garanzie e controlli delle autorità pubbliche lasceranno l'intero Mezzogiorno nelle mani del crimine organizzato e della cattiva amministrazione, le città insicure, le regioni più produttive del Paese trasformate in target ghiotti per la delinquenza domestica e internazionale, i mercati senza regole e controllori governati dalle lobby e dai conflitti d'interesse. L'intero perimetro della sicurezza del cittadino sarà privato di un'accettabile vigilanza.

E' il prezzo che pagheremo alla pretesa del governo di trasformare la sua volontà in comando politico diretto per la magistratura, per il processo e addirittura per le sentenze. Ne è una conferma esemplare il caso di Eluana Englaro, ricordato ieri a Milano dal procuratore della corte d'appello Grechi. Un "caso" che rischia di travolgere diritti fondamentali, il diritto alla dignità della persona, il diritto alla salute che è diritto di vivere ma anche di morire se si ascolta la Costituzione (art. 32, ultimo comma): "La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana". Non c'è in tutta la Carta un'altra affermazione così forte, ha osservato Stefano Rodotà. Persino la libertà personale è temperata dalla riserva di legge e dalla riserva di giurisdizione. Qui invece si dice in nessun caso. Quel diritto (il rispetto della persona umana) non può essere consegnato alla decisione del legislatore, figurarsi del governo perché "è indecidibile" e il custode di questa "indecidibilità" sono la Corte Costituzionale e i giudici. Eppure, la legittima "sentenza Englaro" che trova concorde la Cassazione, la Consulta e la Corte europea è negata dal governo: un diritto fondamentale cede il passo al comando politico. Sono allora lo scollamento dai fondamentali della democrazia liberale e il nostro diritto alla sicurezza le poste in gioco in questo conflitto e bisogna metterle bene a fuoco senza lasciarsi accecare (e annoiare) dalle "bullshit" del ministro di Giustizia.

(1 febbraio 2009 "La Repubblica")

mercoledì 28 gennaio 2009

La bufala dell'archivio Genchi




Per chi non avesse seguito la puntata di Matrix di ieri sera (27 gennaio 2009) consiglio di cercarne qualche stralcio prossimamente su youtube.

lunedì 26 gennaio 2009

Io so. Marco Travaglio



Da "Voglio Scendere"....

25 gennaio 2009, in Marco Travaglio
Tutto quello che leggete è falso


Nell’ottobre ‘96, dovendo giustificare con i rispettivi elettori l’inciucio della Bicamerale, destra e sinistra presero per buona la bufala del “cimicione” che Berlusconi disse di aver trovato nel suo studio e attribuì alle “procura deviate”. Poi si scoprì che era un ferrovecchio inutilizzabile, piazzato in casa sua da un amico del capo della sua security incaricato di “bonificargli” la reggia. Ma intanto la Bicamerale era nata e il cimicione-truffa aveva svolto la sua sporca funzione. Ora Al Tappone ci riprova con un’altra superballa, assecondato al solito dalla presunta opposizione e dai giornali: il presunto “scandalo” dell’“archivio Genchi”, che dovrebbe spianare la strada alla controriforma delle intercettazioni. Gioacchino Genchi è un funzionario di polizia, in aspettativa da anni, che collabora con la magistratura fin dai tempi di Falcone, ha fatto luce sulle stragi di mafia, ha risolto decine di omicidi insoluti e tuttora collabora con varie Procure in indagini su malaffari, mafioserie e fatti di sangue. Che fa Genchi: intercetta? No, non ha mai intercettato nessuno. Dunque, qualunque cosa si voglia sostenere sulla sua attività, non ha alcun legame con la legge anti-intercettazioni. Che fa allora Genchi? I magistrati,secondo la legge, dispongono intercettazioni e acquisizioni di tabulati telefonici. Poi li passano al consulente tecnico, che li “incrocia” grazie a software sofisticati e relaziona sui contatti telefonici fra indagati intercettati e non indagati. Genchi l’ha fatto anche nelle indagini di De Magistris, prima che fossero scippate al titolare. Tutte le cifre che si leggono sui giornali e i commenti dei politici (compreso l’ineffabile presidente del Copasir Francesco Rutelli, amico dell’indagato n.1 di “Why Not”, Antonio Saladino) sono falsi o manipolati o frutto di crassa ignoranza. Chi si scandalizza per le “migliaia di telefoni controllati per conto di De Magistris”, chi strilla perché fra quei numeri ci sono quelli di “molti non indagati”, di parlamentari non intercettabili, di agenti segreti, non sa quel che dice. O mente sapendo di mentire. Per conto di De Magistris, Genchi ha trattato 730 utenze, appartenenti a un numero molto inferiore di persone (ciascuna usa più telefoni e più schede): fra queste ci sono decine di indagati e centinaia di non indagati. Com’è inevitabile, visto che i tabulati indicano chi chiama chi, chi viene chiamato da chi, e da dove, e a che ora, ma non il contenuto della conversazione. E ciascun indagato parla con decine di non indagati. Nessuno può sapere chi sono queste persone (onorevoli? agenti segreti? papi?), finchè non si risale al titolare dell’utenza. Solo dopo, se l’utente è coperto da immunità o altri privilegi, si provvede a fermarsi o a chiedere il permesso. In ogni caso è impossibile violare segreti di Stato leggendo il tabulato di una spia (non si sa cosa dice), né intercettandola: la legge vieta a militari e agenti segreti di “trattare al telefono argomenti classificati”. Se uno 007 parla al telefono di segreti di Stato, è lui a violare la legge, non chi lo ascolta.
(Vignetta di Natangelo)

voglio scendere

venerdì 23 gennaio 2009

L'addio all'Anm della Pm di Salerno Gabriella Nuzzi, trasferita dal Csm

Questa è la lettera che Gabriella Nuzzi - pubblico ministero a Salerno, trasferita dal suo ufficio dal Csm su richiesta del ministro Alfano per aver osato indagare sul malaffare giudiziario di Catanzaro che aveva già espulso come un corpo estraneo Luigi De Magistris - ha inviato al presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati, Luca Palamara, annunciandogli le sue dimissioni dal sindacato delle toghe, che si è schierato dalla parte del ministro e del Csm.

Alla Associazione Nazionale Magistrati - Roma

"Signor Presidente,
Le comunico, con questa mia, l’irrevocabile decisione di lasciare l’Associazione Nazionale Magistrati.
Il plauso da Lei pubblicamente reso all’ingiustizia subita, per mano politica, da noi Magistrati della Procura della Repubblica di Salerno è per me insopportabilmente oltraggioso.
Oltraggioso per la mia dignità di Persona e di essere Magistrato.
Sono stata, nel generale vile silenzio, pubblicamente ingiuriata; incolpata di ignoranza, negligenza, spregiudicatezza, assenza del senso delle istituzioni; infine, allontanata dalla mia sede e privata delle funzioni inquirenti, così, in un battito di ciglia, sulla base del nulla giuridico e di un processo sommario.

Per bocca sua e dei suoi amici e colleghi, la posizione dell’Associazione era già nota, sin dall’inizio.

Quale la colpa? Avere, contrariamente alla profusa apparenza, doverosamente adottato ed eseguito atti giudiziari legittimi e necessari, tali ritenuti nelle sedi giurisdizionali competenti.
Avere risposto ad istanze di verità e di giustizia. Avere accertato una sconcertante realtà che, però, doveva rimanere occultata.

Né lei, né alcuno dei componenti dell’associazione che oggi degnamente rappresenta ha sentito l’esigenza di capire e spiegare ciò che è davvero accaduto, la gravità e drammaticità di una vicenda che chiama a riflessioni profonde l’intera Magistratura, sul suo passato, su ciò che è, sul suo futuro; e non certo nell’interesse personale del singolo o del suo sponsor associativo, ma in forza di una superiore ragione ideale, che è – o dovrebbe essere – costantemente e perennemente viva nella coscienza di ogni Magistrato: la ricerca della verità.

Più facile far finta di credere alla menzogna: il conflitto, la guerra tra Procure, la isolata follia di “schegge impazzite”.
Il disordine desta scandalo: immediatamente va sedato e severamente punito.
Il popolo saprà che è giusto così.
E il sacrificio di pochi varrà la Ragion di Stato.

L’Associazione non intende entrare nel merito. Chiuso.

Nel dolore di questi giorni, Signor Presidente, il mio pensiero corre alle solenni parole che da Lei (secondo quanto riportato dalla stampa) sarebbero state pubblicamente pronunciate pochi attimi dopo l’esemplare “condanna”: “Il sistema dimostra di avere gli anticorpi”.

Dunque, il sistema, ancora una volta, ha dimostrato di saper funzionare.

Mi chiedo, allora, inquieta, a quale “sistema” Lei faccia riferimento.
Quale il “sistema” di cui si sente così orgogliosamente rappresentante e garante.

Un “sistema” che non è in grado di assicurare l’osservanza minima delle regole del vivere civile, l’applicazione e l’esecuzione delle pene?
Un “sistema” in cui vana è resa anche l’affermazione giurisdizionale dei fondamentali diritti dell’essere umano; ove le istanze dei più deboli sono oppresse e calpestato il dolore di chi ancora piange le vittime di sangue?
Un “sistema” in cui l’impegno e il sacrificio silente dei singoli è schiacciato dal peso di una macchina infernale, dagli ingranaggi vetusti ed ormai irrimediabilmente inceppati?
Un “sistema” asservito agli interessi del potere, nel quale è più conveniente rinchiudere la verità in polverosi cassetti e continuare a costellare la carriera di brillanti successi?

Mi dica, Signor Presidente, quali sarebbero gli anticorpi che esso è in grado di generare? Punizioni esemplari a chi è ligio e coraggioso e impunità a chi palesemente delinque?

E quali i virus?

E mi spieghi, ancora, quale sarebbe “il modello di magistrato adeguato al ruolo costituzionale e alla rilevanza degli interessi coinvolti dall’esercizio della giurisdizione” che l’Associazione intenderebbe promuovere?

Ora, il “sistema” che io vedo non è affatto in grado di saper funzionare.
Al contrario, esso è malato, moribondo, affetto da un cancro incurabile, che lo condurrà inesorabilmente alla morte.
E io non voglio farne parte, perché sono viva e voglio costruire qualcosa di buono per i nostri figli.
Ho giurato fedeltà al solo Ordine Giudiziario e allo Stato della Repubblica Italiana.

La repentina violenza con la quale, in risposta ad un gradimento politico, si è sommariamente decisa la privazione delle funzioni inquirenti e l’allontanamento da inchieste in pieno svolgimento nei confronti di Magistrati che hanno solo adempiuto ai propri doveri, rende, francamente, assai sconcertanti i vostri stanchi e vuoti proclami, ormai recitati solo a voi stessi, come in uno specchio spaccato.

Mentre siete distratti dalla visione di qualche accattivante miraggio, faccio un fischio e vi dico che qui sono in gioco i principi dell’autonomia e dell’indipendenza della Giurisdizione. Non gli orticelli privati.

Non vale mai la pena calpestare e lasciar calpestare la dignità degli esseri umani.

Per quanto mi riguarda, so che saprò adempiere con la stessa forza, onestà e professionalità anche funzioni diverse da quelle che mi sono state ingiustamente strappate, nel rispetto assoluto, come sempre, dei principi costituzionali, primo tra tutti quello per cui la Legge deve essere eguale per deboli e potenti.
So di avere accanto le coscienze forti e pure di chi ancora oggi, nonostante tutto, crede e combatte quotidianamente per l’affermazione della legalità.
Ed è per essa che continuerò sempre ad amare ed onorare profondamente questo lavoro.

Signor Presidente, continui a rappresentare se stesso e questa Associazione.
Io preferisco rappresentarmi da sola".

Dott.ssa Gabriella NUZZI
Magistrato

giovedì 22 gennaio 2009

Da stampa francese...

FRANCOIS VIDAL, LES ECHOS, FRANCIA

Alitalia, i francesi ringraziano

Air France-Klm ha fatto un affare, concluso dopo mesi di trattative. Grazie a Silvio Berlusconi e a spese degli italiani.

Come si dice "finalmente" in italiano? Dopo più di due anni di piani abortiti, di interventi politici intempestivi e di colpi di scena dell'ultimo minuto, Air France-KLM è finalmente riuscita ad entrare nel capitale di Alitalia.La tenacia di Jean-Cyrill Spinetta, il suo presidente, ha dato i suoi frutti. E anche se non si tratta di un matrimonio particolare, la data merita di essere ricordata.
Con la partecipazione del 25%, la società franco-olandese assicura la propria posizione nel quinto mercato europeo, uno dei più redditizi. Si rafforza la priorità di accesso a un vasto bacino di oltre 24 milioni di passeggeri, quasi 11 milioni di viaggiatori internazionali. E, con Roma, ha una nuova testa di ponte sul continente, complementare ai suoi hub di Amsterdam e Parigi.
Questo successo le offre un vantaggio sui concorrenti nel processo di consolidamento dei cieli europei. Con questo accordo, Air France-KLM taglia l'erba sotto i piedi di Lufthansa, che avrebbe visto con piacere la nascita di una dorsale Berlino-Vienna-Milano. In questa corsa alla supremazia continentale, il gruppo distanzia anche British Airways, che fatica a concludere la sua alleanza con la spagnola Iberia. Soprattutto perché, a partire dal 2013, la coppia franco-olandese potrebbe aumentare la sua partecipazione in Alitalia e costruire così una vera e propria struttura paneuropea integrata.
Non male per un'operazione il cui costo, limitato a 300 milioni di euro, è tutto sommato ragionevole. C'è da chiedersi se Silvio Berlusconi non abbia fatto un grande favore ad Air France-Klm nell'aprile del 2008, quando ha fatto fallire il progetto di vendita per 1,5 miliardi di euro in nome "dell'italianità". Negli ultimi mesi, Alitalia ha compiuto gran parte della sua ristrutturazione. Non è più quel vettore malato che perdeva un milione di euro al giorno, ma un gruppo alleggerito dei suoi debiti e rafforzato dopo la fusione con Air One.
Resta senza dubbio la questione del rapporto con i sindacati e restano i articolarismi regionali dell'Italia. Ma Air France-Klm, forte di cinque anni di successi, ha dimostrato di saper gestire al meglio questo genere di problemi.


L'articolo originale potete trovarlo qui.
Non vorrei commentare ulteriormente l'articolo, ho già postato diverse volte in merito all'argomento e ogni giorno che passa si rafforza in me l'idea che stiamo diventando un popolo di stolti e di ingenui.
Tutto era lì, alla luce del sole, un bambino avrebbe identificato subito i ladri e i venduti del nostro panorama politico. Invece noi, adulti, ci vantavamo dell'italianità, dei nostri top-manager (Colaninno, Ligresti, Benetton, Toto etc.). Risultato: licenziamenti triplicati, soldi buttati e debiti che pagheremo noi e i nostri figli. Era la cosa più insulsa che un politico potesse fare: giocare sulla pelle dei propri cittadini a soli fini propagandistici......eppure abbiamo digerito anche questa.
Buon appetito allora....avremo molto altro da mangiare!

lunedì 12 gennaio 2009

venerdì 9 gennaio 2009

...Ama il prossimo tuo come te stesso...

E' evidente, che qualcuno intenda il prossimo come "il successivo" ossia "questo no, magari il prossimo..."

Trovo geniale, come subito all'inizio di questo articolo, Gian Antonio Stella, usi la parola "cattolicissimo". (articolo preso dal corriere della sera di oggi, 9 Gennaio 2009)

Tutto il resto, lo lascio giudicare a voi...per quanto ci sia ben poco da giudicare...
...al limite, c'è da pensare e condannare...

Gabriele


In difesa dei clochard lasciati al gelo

Da Mestre a Genova, la linea dura con gli emarginati. Stazioni chiuse di notte, coperte negate, «bravate»

La stazione di Mestre
La stazione di Mestre
«Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo», spiega Gesù nel Vangelo di Matteo. Eppure non passa giorno nel nostro (sedicente) cattolicissimo Paese senza che tanti (sedicenti) cattolici con la bocca piena di parole bellicose in nome delle tradizioni cattoliche mostrino un quotidiano disprezzo verso chi «non ha dove posare il capo». Un esempio? L'altolà della polizia ai volontari che portavano tè caldo ai clochard rifugiati nella stazione di Mestre: «Non avete l'autorizzazione».

FEROCIA BUROCRATICA - Degno cesello all'ottusa resistenza opposta dalla società Grandi Stazioni al Prefetto che in questi giorni di neve e gelo, segnati dalla morte di un clochard a Vicenza, ha dovuto fare la faccia dura per ottenere che gli androni delle due stazioni veneziane non fossero più chiusi e sbarrati dall'una di notte alle cinque di mattina. Quello della città serenissima, dove la Regione ha drasticamente tagliato negli ultimi due anni gli aiuti ai senzatetto (ai quali destina un quarto della somma stanziata per le feste di compleanno della Repubblica del Leon) è però soltanto l'ultimo di una catena di episodi che marcano una continua e progressiva indifferenza, se non proprio insofferenza, nei confronti degli «ultimi tra gli ultimi». Basti ricordare la morte di «Babu» sotto i portici del Teatro Carlo Felice di Genova dopo la sbrigativa operazione di «pulizia» (o «polizia»?) con la quale alla vigilia di Natale erano state buttate via le coperte «sporche» regalate ai senzatetto dalla Caritas. O la bravata criminale dei quattro teppisti riminesi che hanno dato fuoco a un clochard «per noia». O ancora la motivazione surreale della multa di 160 euro data a fine dicembre da certi poliziotti fiorentini a poveracci che passavano la notte all'addiaccio: «Dormiva in modo palesemente indecente».

DECORO - «Il decoro! Il decoro!». Questa è l'obiezione che si leva. La stessa che ha spinto il Comune di Verona, guidato da Flavio Tosi, a pretendere che la carta d'identità dei «barboni» venisse cambiata. Prima, alla voce «indirizzo », c'era scritto: «Via dell'Accoglienza». Un piccolo eufemismo, un po' ingenuo, per non marchiare il titolare del documento. Adesso no: «Senza indirizzo ». Per carità: ineccepibile. Però, «dietro», c'è tutta una filosofia. Sempre più tesa a tenere ben separati «noi» e «loro». Sempre più allergica a chi «rovina» l'immagine delle città. Sempre più sbuffante verso gli emarginati. Fino a spingere tempo fa l'allora sindaco di Vicenza Enrico Hullweck a vietare l'accattonaggio ai medicanti affetti da «deformità ributtanti». Una definizione che, al di là delle colpe di certi truffatori (da colpire: ovvio), suonava oscena e offensiva per ogni disabile. Eppure, quei «barboni» che oggi danno tanto fastidio a una società spesso indecente ma ringhiosa custode del feticcio della «decenza», sono una parte della nostra vita.

DA SEMPRE - Della vita religiosa, come ricorda la scena di San Francesco che dona il mantello a un povero nel ciclo di affreschi di Assisi attribuiti a Giotto. Della vita musicale, come ci rammentano le storie del suonatore di organetto che cammina scalzo nella neve, ne Il viaggio d'inverno di Franz Schubert, senza incontrare chi gli metta un centesimo nel cappello oppure della Frugola che ne Il tabarro di Giacomo Puccini, è «perennemente intenta a rovistare tra i rifiuti». Fanno parte della nostra vita letteraria, dal barbone Micawber nel David Copperfield di Charles Dickens all'Andreas Kartack de La leggenda del santo bevitore di Joseph Roth fino a Il segreto di Joe Gould, il brillante intellettuale laureato ad Harvard che aveva deciso di vivere da clochard per scoprire l'essenza dell'uomo «tra gli eccentrici, gli spostati, i tubercolotici, i falliti, le promesse mancate, le eterne nullità» e insomma tutti quelli senza casa: «gli unici tra i quali mi sono sempre sentito a casa». Per non dire del cinema, dall'irresistibile Charlot il vagabondo al tenerissimo Miracolo a Milano di Vittorio De Sica, da Archimède le clochard con Jean Gabin al Bodou salvato dalle acque di Jean Renoir fino a La ricerca della felicità, di Gabriele Muccino, benedetto da trionfali successi al botteghino. Prova provata di come in tanti riusciamo a palpitare e commuoverci e fare la lacrimuccia per le sventure di Copperfield o di Will Smith, costretto dalla corte a vivere come un barbone. E usciti dal cinema scansano l'ubriacone a terra sul marciapiede: «Dio, quanto puzza! ». Eppure, le cronache di questi anni ci hanno insegnato a conoscere un po' di più, i nostri «santi bevitori». Finiti spesso sotto i ponti, dicono i dossier, magari solo perché lo Stato, dopo aver abolito l'orrore dei manicomi, si è dimenticato di trovare delle alternative decenti per coloro che non ce la fanno ad affrontare da soli l'esistenza e non hanno una famiglia in grado di farsi carico del fardello. Oppure perché travolti da rovesci della vita. O sconvolti dal tradimento delle persone in cui credevano. O schiacciati da un dolore troppo grande.

PIRANDELLO, ODESCALCHI, BOBBO -Persone come Luigi Pirandello, che aveva capelli lunghi e barba, era omonimo dello scrittore di cui il padre era cugino, aveva studiato, parlava inglese e francese ma girava nel centro di Roma spingendo un carretto dove raccoglieva cartoni. O Filippo Odescalchi, figlio di don Alessandro Maria Baldassarre, principe del Sacro Romano Impero, discendente di papa Innocenzo XI, che abbandonò all'inizio degli Ottanta il palazzo di famiglia in piazza Santi Apostoli per andare ad abitare sotto il colonnato di Palazzo Massimo insieme con una donna e un barbone che indossava sempre il frac e il papillon, si presentava come «Ele D'Artagnan, attore cinematografico, figlio del grande Toscanini» e chiedeva a tutti un appuntamento con Federico Fellini: «Deve darmi una buona parte nel prossimo film perché poi ho deciso che mi ritiro». Persone come Eugenia Bobbo, che in gioventù era stata una bellissima ragazza di Chioggia e aveva fatto perdere la testa a un erede di José Echegaray y Eizaguirre, matematico, drammaturgo, politico, ministro spagnolo, insignito nel 1904 del Nobel per la letteratura. Rimasta vedova, si era lasciata andare. Quando morì, i giornali scrissero che «per trent'anni aveva vissuto da barbona sotto i portici di palazzo Ducale, tra una panchina di marmo e la quinta finestra al pianterreno », che «parlava quattro o cinque lingue, aveva una cultura impressionante e in trent'anni non aveva mai chiesto l'elemosina» e viveva delle premure di un po' di nobildonne, prima fra tutte la spagnola Duchessa di Alba e raccontava: «A teatro, quand'ero giovane, tutti i binocoli erano puntati su di me». Persone che, per i motivi più diversi, si lasciano alle spalle tutto. E alle quali, oltre a qualche coperta in questi giorni di gelo, una cosa almeno la dobbiamo: un po' di rispetto. Rifugio dal gelo La stazione di Mestre

Gian Antonio Stella
09 gennaio 2009