martedì 1 aprile 2008

Malessere italiano

Fino a qualche giorno fa pensavo che il primo e più importante problema italiano fosse il problema dei salari, e che tutti gli altri dipendessero o fossero influenzati da quello. La questione in effetti è di primaria importanza ed io la analizzerei da due punti di vista:
- potere d'acquisto estremamente deficitario per i salari del ceto medio e del ceto basso: secondo me questo aspetto dovrebbe essere affrontato tramite la modifica di quelle leggi che agevolano lo sfruttamento del mercato del lavoro a prezzi bassi;
- mancanza di 'giusta' scalarizzazione dei salari: mi risulta evidente come i salari attuali non rispecchino le competenze, le capacità e la serietà-professionalità delle persone che li percepiscono. Da questo punto di vista faccio un discorso sia di confronto delle retribuzioni di singole persone che di salari medi per settori (i commercianti non soffrono il malessere che coinvolge grande parte del mondo dei lavori dipendenti).

Oggi credo che esista un problema ancor più alla radice rispetto a quello dei salari: quello della decenza. In Italia è sparita, scomparsa, scappata. Ormai tutti credono che il top sia essere furbi, evadere e non andare in prigione, rubare e non essere beccati, perdere tempo al lavoro e continuare a percepire lo stipendio. Fregare il prossimo. La gara in Italia consiste nel fregare il prossimo. Più frego il prossimo e più sono furbo. E perchè? Perchè più freghi il prossimo e più vivi bene, e intanto neppuno ti farà mai niente. Guarda Corona, guarda Tanzi, guarda il nano malefico....l'elenco è infinito. Tutti che ridono, tutti che scrivono libri e tutti che sono in televisione. Tutti che sono diventati esempi. E tutti che prima te l’hanno messo in culo...e continuano a ridersela. Anzi vengono ancora osannati da gente comune, con il prosciutto sugli occhi e con la mente deviata dalle pressioni tendenziose delle televisoni.

In Italia ci vuole una rivoluzone culturale. E' l'unica salvezza possibile, tutto il resto viene dopo. Non possiamo sperare in nulla di meglio se non ci sarà una rivoluzione culturale, priorità indiscussa ancor prima di ogni problematica economica.

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