Ho trascorso 3 fantastici giorni di vacanza tra Roma e Napoli, ho conosciuto tantissime ragazze e ragazzi e ho avuto il piacere di poter discutere con loro. Una volta in più ho potuto cogliere quanto sia vero che comunicare, scambiarsi idee e opinioni, confrontarsi aiuta sempre la persona a capire la società che ti circonda. Altrettanto vero è che ogni tanto anche qualche articolo di giornale ti può far venire qualche dubbio, qualche interrogativo o qualche sospetto: anche quello, molto raramente, può far aprire la mente!!!
In questi giorni, benché non fosse mia intenzione parlare di società e politica, mi sono trovato spesso a dover riproporre la mia tesi secondo la quale l'unica salvezza possibile per l'Italia di oggi è rappresentata da una rivoluzione culturale. La risposta è sempre stata la stessa: troppa ignoranza, troppa televisione, troppo rimbecillimento generale, insomma, impossibile. E qui mi pongo il primo interrogativo. Sono sempre gli altri gli ignoranti e quelli rimbecilliti? Forse sì, ma non ne sarei così sicuro. Sicuramente credo che siamo tutti, sempre e alla pari, condizionati e oggetto della realtà mediatica italiana: tutti sentiamo le stesse cose e solo ogni tanto, magari, ascoltiamo cose diverse. E quindi le diverse risposte che comunque ogni persona propone devono essere parte attiva della persona stessa e non solo pura analisi. Non basta valutare e commentare, bisogna agire divulgare fare. Questa sarebbe la prima goccia di una reale rivoluzione culturale. L'obiettivo potrebbe essere quello di eguagliare la potenza comunicativa dei mezzi d'informazione di massa con la trasmissione di parola cittadina, con l'agire quotidiano, con l'esempio, qualunque siano le idee nelle quali uno crede.
Discorsi ideali, troppo fumosi? Probabilmente…
Beh, tornando al benamato computer, e curiosando sui siti internet dei vari giornali nazionali, mi è capitato di leggere alcuni pezzi sul caso della pubblicazione dei redditi 2005 da parte dell’Agenzia delle Entrate. E così trovo riscontro ad alcune idee: il "principio di trasparenza e l'obbligo di pubblicazione" dei dati fissato dalla legge del 1973 e l"assoluta equivalenza tra lo strumento della carta stampata e Internet".
Ma non solo; c’è un bel pezzo di Beppe Severgnini che riporto testualmente: ‘…Il motivo di perplessità è un altro. Molti cittadini considerano il reddito un «dato riservato», come un'informazione sanitaria o sessuale. Da anni i redditi vengono pubblicati dai giornali di provincia, nel silenzio del Garante e per la goduria dei provinciali. Ma questo non conta, apparentemente. Ora c'è Internet, che rende facile la consultazione. Quindi, stop! Fra trasparenza e riservatezza, tanti italiani scelgono la riservatezza. Molti di loro vanno capiti: perché un modesto 730 dev'essere di dominio pubblico? Anche gli uffici del personale sono irritati: il gioco del «divide et impera», basato sul segreto retributivo, diventa complicato. Ma più di tutti sono scocciati quelli che portano a casa 300 e dichiarano 40. Sono loro l'oggetto della curiosità e dell'indignazione: le migliaia di professionisti che dichiarano poco più della segretaria, non qualche dozzina di calciatori. È la stramba via italiana alla normalità, che passa attraverso le eccezioni. Per ripulire il calcio e la Banca d'Italia, s'è resa necessaria l'indiscutibile barbarie delle intercettazioni. Per arrivare alla decenza fiscale, dobbiamo passare attraverso l'indecenza dei dati in Rete?
Altra via non si vede. Non sono i controlli e le punizioni che spingono uno scandinavo, uno scozzese o un californiano a pagare le tasse. È la pressione sociale. La vergogna d'essere considerato — dai parenti, dai consoci al Lions Club, dagli amici del figlio — un evasore. Uno che costringe un altro a pagare di più. Uno che fornisce al fisco la giustificazione per alzare le aliquote, complicare le norme, aumentare i controlli. Uno che ti sorride, ma ti frega.
Chi s'arrabbia per la pubblicazione dei redditi va capito. Ma prima di regalargli la vostra solidarietà, chiedetegli - privatamente, s'intende - quanto dichiara, quante case ha in giro e che auto tiene in garage. La privacy è importante, ma è altrettanto importante rompere un'imbarazzante tradizione: l'Italia è l'unica, tra le grandi democrazie, dove l'evasione è epidemica…’.
Mi viene da pensare…l’evasione è sicuramente dovuta ad uno stato culturale diffuso, l’imbarazzo tra le persone è la chiave per risolvere l’evasione (almeno così sembra), un fatto deciso dall’alto (la pubblicazione dei dati) potrebbe provocare interazioni interpersonali che modificano uno sbagliato modo di comportarsi diffuso nella società. Ci sono un po’ di elementi su cui riflettere. Mi potrebbe solleticare l’idea che siamo di fronte ad un seme di rivoluzione. Poi bisognerebbe capire che rivoluzione è, o se è proprio una rivoluzione…ma sicuramente che la decisione di uno, o molto pochi, riesca a modificare il comportamento di tanti, applicando semplicemente una legge, è già qualcosa di importante. Poi discuteremo come chiamarlo.
Il seme, questo seme, sicuramente verrà annientato e distrutto, ma come sempre il seme rappresenta già un’idea, e può solleticare altre idee simili. Sarà vera la risposta di chi mi diceva che è impossibile in Italia una rivoluzione culturale, ma è altrettanto vero che qualcosa di diverso potrà accadere, se anche noi lo sosteniamo.
Staremo a vedere.